Per il consueto appuntamento con la nostra rubrica come farsi da sé nel lavoro, è con noi Susanna Panicucci, Garden Designer.
Le chiederemo di condividere con i lettori i passi importanti per dare il via alle idee e alle attitudini che possono trasformarsi in lavoro.
Il lavoro di garden designer è un’attività che Susanna ha intrapreso pur avendo già una specializzazione nel settore dell’informatica. Chiediamo a lei come ha iniziato a coltivare la sua vera inclinazione.
Conosciamoci Susanna, racconta un po’di te.
Ho intrapreso quest’attività per passione, facendo scelte che sono state a volte difficili e faticose. Anche se qualcuno potrebbe non condividerle io ho seguito il mio cuore e non mi sono pentita.
Con il sostegno di mio marito, sono riuscita a fare un lavoro che amo e a ben conciliarlo con la vita familiare. Credo che, anche solo questo, sia un grosso traguardo al giorno d’oggi. Mi sento una donna, una moglie e una madre soddisfatta.
Credo di fare del mio meglio, ben lontana dalla perfezione badate, ma contenta di quello che faccio. Dal punto di vista economico ho rinunciato ad un buon stipendio fisso, sapevamo che sarebbe stato difficile, soprattutto i primi anni, portare a casa qualcosa.
Il giardiniere paesaggista donna non ha vita facile. Per fortuna lo stipendio di mio marito e la fine del mutuo della casa mi hanno dato la tranquillità di poter scegliere liberamente e io ne ho approfittato o, forse è meglio dire, noi ne abbiamo approfittato.
Perché quando si ha famiglia le nostre decisioni influenzano tutti i componenti della stessa, e, ad oggi, possiamo dire che tutti abbiamo beneficiato di questa scelta.
Nella sezione chi sono del tuo sito racconti che hai deciso di seguire le tue “vere inclinazioni”. Cosa è stato decisivo per passare da perito informatico a garden designer?
La nascita di mia figlia e la consapevolezza che la vita è un bene prezioso e non bisogna sprecarla. Fino a quel momento mi ero fatta trascinare dagli eventi e non avevo messo in discussione la mia vita lavorativa. Dopo la nascita di Eleonora ho deciso che non valeva la pena di continuare a lavorare nell’informatica, volevo fare qualcosa che amavo e quindi ho preso delle decisioni per andare in quella direzione.
Come si definisce questa figura?
Il garden designer è colui che si occupa di progettare giardini, terrazzi e balconi.
Per fare questo nel migliore di modi, è necessario partire dallo studio dello spazio di progetto, il clima, l’esposizione, il tipo di terreno.
L’altro aspetto importante è comprendere quali sono le funzioni pratiche che quest’area deve assolvere e i gusti del cliente.
E’ infatti fondamentale progettare qualcosa che, oltre ad armonizzarsi con l’ambiente circostante, vada incontro ai desideri del committente.
E’ un tipo di lavoro in cui bisogna ascoltare ed osservare molto, entrare nella psicologia della persona che frequenterà quello spazio. Uno spazio ben progettato migliora sensibilmente la qualità della vita di chi lo frequenta, e questa è per il progettista la più grande soddisfazione!
Da dove e come si comincia?
Poiché sono partita da zero, ho iniziato con il frequentare un corso annuale organizzato dalla Scuola Agraria del Parco di Monza, un ente molto serio che si occupa di formazione professionale nel campo del verde ornamentale.
Avevo l’esigenza di conciliare lo studio con il lavoro a tempo pieno e la famiglia, mia figlia era molto piccola e richiedeva tutta la mia presenza. Per questo ho scelto di seguire un corso a distanza. Periodicamente c’erano poi degli incontri di approfondimento in presenza a Monza.
Il corso prevedeva un tirocinio pratico in un vivaio e l’assistenza on-line o telefonica da parte di un tutor della scuola. Al termine ho dovuto sostenere un esame in cui ho presentato un progetto di un giardino e mi è stato rilasciato un attestato di qualifica professionale come “Operatore del verde ornamentale”.
Per iniziare questa attività basta frequentare corsi specifici o è necessario avere delle abilità personali?
Io sono convinta che se c’è la passione l’abilità viene da sé, è chiaro che bisogna acquisire le conoscenze teoriche e pratiche per poter fare un lavoro seriamente. In questo tipo di lavoro non è indispensabile saper disegnare bene, l’importante è saper lavorare con lo spazio e le piante rispettandone le esigenze, perché queste sono esseri viventi e la scelta della posizione giusta è fondamentale, ma tutto ciò si acquisisce con lo studio e l’esperienza pratica.
Dopo il percorso formativo, come ci si offre ai potenziali clienti?
Io ho iniziato a fare piccole cose con l’aiuto del vivaio presso il quale avevo fatto tirocinio.
Il cliente si recava in vivaio chiedendo di sistemare il giardino e loro proponevano una progettazione anche semplice, ma accurata, per la buona riuscita del lavoro.
Il primo incontro col cliente è assolutamente gratuito e senza impegno, a meno di rimborsi spese per sopralluoghi particolarmente distanti.
Visitare il posto che sarà oggetto del progetto, capirne le peculiarità, le potenzialità e, soprattutto, fare un’intervista al cliente per valutarne le esigenze sia pratiche che estetiche è fondamentale per comprendere di che tipo di lavoro si tratta.
Il preventivo viene di conseguenza ed è senza impegno. Al cliente è necessario far comprendere l’importanza della progettazione, a questo fine è utile portare schizzi e tavole tecniche di progetti già fatti, non è detto che debbano essere stati realizzati.
In questo modo, diventa evidente di che tipo di lavoro si tratti e, soprattutto, quali possono essere le trasformazioni che un luogo può avere grazie alla progettazione.
Per svolgere questo lavoro occorre impiegare molto del proprio tempo oppure lo si può gestire anche con dedizione part time?
Ritengo che si possa gestire anche part time, chiaramente non si riuscirà a lavorare molto e i tempi di consegna si allungheranno. L’importante è che il cliente ne sia consapevole.
È “sufficiente” avere passione, creatività ed intraprendenza o servono anche i classici attestati?
Io penso che lo studio sia indispensabile. Non è necessario il classico attestato, si può studiare anche per proprio conto ma, sicuramente, la preparazione teorica di base è una condizione irrinunciabile per fare un lavoro corretto e professionale.
Precisato che non si finisce mai di aggiornarsi, esistono un tempo minimo ed un tempo massimo da dedicare all’apprendimento?
No, è chiaro che non può bastare un mese se si parte da zero, ma non saprei dare un tempo minimo né un tempo massimo. Ognuno di noi ha i propri tempi di apprendimento. L’importante è acquisire le conoscenze utili a far bene il proprio lavoro.
In termini molto pratici, quanto tempo occorre per riuscire a farsi conoscere ed iniziare a sentire questo lavoro come la propria attività?
Anche qui non è possibile dare una risposta precisa. Un lavoro diventa la tua attività quando è abbastanza continuativo e ti dà la possibilità di avere un minimo di entrate annue.
Se una persona proviene da un ambiente molto distante da quello in cui vuole entrare e non ha nessuno che la introduca, fa molta fatica.
Il mondo della progettazione dei giardini è un ambito piuttosto “chiuso”, come d’altra parte molti altri, e ciò rende difficile accedervi a meno di colpi di fortuna o tanta fatica.
Le riviste specializzate pubblicano quasi solo lavori di paesaggisti affermati, uno sconosciuto è raro che venga preso in considerazione.
Oltre che nella formazione, in cosa bisogna investire per diventare operativi?
Sicuramente consiglio di investire nella visibilità, è una cosa che ho capito dopo anni e penso che se l’avessi compresa prima ora lavorerei sicuramente di più e meglio. Se la gente non sa chi sei e cosa sai fare come fa a chiedere di te?
Cosa non deve mancare nella personalità del garden designer e a cosa, invece, lo stesso non deve mai cedere?
La creatività è una dote essenziale per diventare progettisti. Ritengo che non si debba mai cedere a richieste da parte di clienti, giardinieri e vivaisti, quando queste vanno contro il rispetto delle piante e della terra in generale.
E’ importante non cedere quando le richieste sono insensate, ne va della bontà del lavoro e della serietà della nostra immagine. Un giardino non può essere bello se le piante che ne fanno parte sono sofferenti.
Per te l’eco sostenibilità e l’eco compatibilità sono fattori caratterizzanti. Puoi parlarci di questo aspetto?
Il giardino è spesso un piccolo appezzamento di terra stretto tra case e strade, un’area esigua dove la natura può esprimersi in modo limitato.
Nonostante questo è importante capire che questi piccoli spazi possono essere preziosi per preservare la biodiversità, per dare rifugio agli animali, per creare un contatto, un corridoio con la campagna.
Quando andiamo a lavorare su uno spazio di questo tipo, è importante cercare di farlo nel rispetto della natura. Questo non significa non intervenire, è indispensabile che il giardino assolva a esigenze pratiche, ma queste si possono soddisfare in modi diversi.
Ad esempio, se vogliamo realizzare un prato, possiamo scegliere un’erba adatta al nostro clima e al nostro terreno e quindi che necessita di cure contenute e di poca acqua, oppure possiamo impiegarne una che soddisfa il nostro senso estetico ma che è inadatta a clima e suolo.
Chiaramente questa seconda tipologia necessiterà di frequenti irrigazioni con un enorme spreco d’acqua, interventi periodici con fungicidi e concimi per mantenerla in buona salute. Tutto questo comporterà, oltre ad un grosso investimento economico, un pesante impatto a livello ambientale.
Sono convinta che il binomio giardino bello e giardino ecologico non siano inconciliabili, anzi! Si può creare un bellissimo giardino che soddisfi le nostre esigenze pratiche ed estetiche ma anche in armonia con l’ambiente. L’importante è sapere come fare!
Questo lavoro è legato ai ritmi della natura. Come si vivono e quanto sono importanti le stagioni?
Questa è una delle considerazioni che mi ha portata a cambiare impiego.
Vivevo la mia vita in un ufficio illuminato artificialmente dal lunedì al venerdì. Entravo spesso quando era ancora buio ed uscivo, soprattutto in autunno e inverno, che il sole era già tramontato. A volte non sapevo nemmeno se c’era stato il sole o meno. Mi sembrava di essere viva veramente solo i due giorni a settimana che rimanevo a casa.
Il ritmo della natura è fondamentale per l’uomo. Dobbiamo comprendere che noi siamo parte di questo sistema non un’entità separata. Ci siamo evoluti per miglia e migliaia di anni all’interno della natura ed il nostro corpo, la nostra mente ed il nostro spirito sono fatti per vivere in armonia con essa. Purtroppo, con la rivoluzione industriale e, soprattutto dal dopoguerra, ci siamo sempre più allontanati da essa.
D’altra parte, la mancanza di lavoro nelle campagne ci ha condotto nelle città, dove i ritmi sempre più frenetici ci hanno fagocitato.
Il fatto è che non possiamo cancellare un’evoluzione di migliaia di anni con poche decine di anni! Il malessere diffuso nella nostra società è molto legato a questo. Io penso che la vita a contatto con la natura e la cura della terra, siano terapeutici, d’altronde è anche stato dimostrato scientificamente …
Ho visto che prossimamente sarai in giro per l’Italia per partecipare non solo come consulente ma anche come docente a diversi eventi sul tema verde. Qual è il primo insegnamento di cui l’aspirante garden designer deve tener conto?
Quando ci si accosta allo studio delle piante si comprende come siano complesse e meravigliose e quanto la nostra ignoranza ci abbia condotto verso comportamenti sbagliati. Purtroppo molte delle nostre azioni vanno a distruggere l’ambiente perché non abbiamo idea delle conseguenze che avranno.
E’ fondamentale quindi diffondere la cultura del verde, più conosceremo la natura e più ne avremo cura, è una conseguenza inevitabile. Penso che l’insegnamento sia proprio questo: diffonderne la conoscenza il più possibile, tra tutte le persone che vorranno avvicinarsi a questo ambito, è l’unica strada per andare verso una maggiore eco sostenibilità e eco compatibilità dei nostri comportamenti quotidiani e quindi un recupero dell’ambiente naturale.
E’ per questo che approfitto di ogni occasione per tenere corsi, anche gratuiti, su questi argomenti. Le fiere del settore sono un buon punto di partenza, poiché le persone che le frequentano hanno già dentro di loro la giusta predisposizione, fortunatamente ho trovato, da parte degli organizzatori di queste manifestazioni, grande sensibilità, e ciò mi ha permesso di raggiungere un largo numero di persone che altrimenti non avrei potuto avvicinare.
Quanto sei felice di questa attività?
Molto! Anche se questo lavoro in particolare è stato duramente provato dalla crisi economica.
Da quando ho iniziato questa attività ho la possibilità di vivere molto di più a contatto con la natura, di influire fattivamente sul miglioramento della vita di tante persone, di vedere i miei sogni realizzati! Inoltre, lavorando in proprio, riesco a gestire molto meglio i miei impegni familiari, a seguire mia figlia, e questo è fondamentale per me!
La composizione finale della tua creazione può valere per te così come il quadro per il pittore.
L’ispirazione gioca un ruolo fondamentale nel lavoro oppure gli strumenti e le conoscenze apprese possono garantire sempre un risultato sicuro e soddisfacente?
Un lavoro ispirato è un lavoro che si distinguerà, sarà, come hai detto tu, un’opera d’arte. Le conoscenze possono aiutare a fare un lavoro passabile, ma mancherà sempre di quel qualcosa che lo renderebbe unico.
Riporto una frase che ho scritto all’introduzione del mio book e che credo particolarmente significativa
“Ogni luogo ha un’anima, uno spirito che lo permea. Sta al bravo progettista avere la capacità di coglierlo e di svilupparlo in un progetto coerente ed organico. Il risultato di questo processo sarà un giardino che avrà qualcosa da raccontare…”.
Un po’ di fantasia: se fossi una pianta quale saresti?
Se potessi scegliere, mi piacerebbe essere un’Ammophila arenaria.
Si tratta di una graminacea che colonizza le nostre spiagge ed è fondamentale per la formazione delle dune.
Con le sue radici tiene ferma la sabbia e contrasta il vento creando le condizioni favorevoli alla crescita di tante altre piante che altrimenti non ce la farebbero a resistere in un ambiente tanto inospitale.